8 p.m. in Ponte a Elsa

Viaggio di ritorno di un qualsiasi giorno feriale in cui una riunione si è protratta un po’ troppo e ho fatto più tardi del solito. Stanca morta, passo il tempo sul treno leggendo un libro. La linea ferroviaria che percorro quotidianamente ha due caratteristiche che rendono ogni viaggio avventuroso e ricco di imprevisti più o meno (soprattutto meno, devo dire) divertenti. Innanzi tutto, per gran parte del suo percorso, è una linea a binario unico, con tutte le complicazioni che ne conseguono in termini di coincidenze e scambi fra treni che viaggiano in direzioni opposte. Come se non bastasse, nell’arco di poche decine di chilometri ci sono parecchi passaggi a livello e la probabilità che ne rimanga qualcuno erroneamente aperto è piuttosto concreta. Capita quindi abbastanza spesso che il treno si blocchi nel bel mezzo della campagna, per lunghi, lunghissimi minuti, a causa di qualche imprevisto. Di solito il capotreno in questi casi annuncia un “ritardo imprecisato” che, soprattutto di sera, quando hai voglia di spaparanzarti sul divano, fuori è già buio e non si vede niente, mette un pochino di inquietudine.

Siamo fermi già da almeno cinque minuti nel bel mezzo del nulla, quando sospendo la lettura e mi guardo intorno, un poco intimorita. Sul sedile di fianco al mio, dalla parte opposta del corridoio è seduto un signore anziano dall’aspetto simpatico, è salito poco fa, con la coda dell’occhio ho visto che armeggiava con una grossa cartellina da disegno, ma ero concentrata nella lettura e non ci ho fatto troppo caso. Non mi ero neppure accorta che una volta sistemato aveva aperto la cartellina e stava riordinando una serie di disegni realizzati con gli acquerelli, secondo la dimensione, dai più grandi ai più piccoli. Il suo aspetto mi ricorda molto quello di un pittore che avevo incontrato a Montmartre, durante un recente viaggio a Parigi, da cui avevo comprato un quadretto raffigurante la vetrina di uno degli innumerevoli café della capitale francese, che tra l’altro devo ancora appendere in casa.

Il mio sguardo curiosa tra i disegni, dal tratto e dai colori delicati. Uno in particolare mi colpisce: ritrae un grosso castagno dal tronco storto e nodoso e dalle foglie di un delicato colore verdolino. Mentre vedo scorrere i disegni, la mia mente torna a Parigi, immagino di essere non sul Regionale Veloce per Firenze SMN, ma su una linea del metrò parigino, magari la linea 6, quella che a un certo punto sbuca fuori dai sotterranei, attraversa la Senna sul ponte di Bir-Hakeim, per poi continuare in superficie, verso Montparnasse, su una struttura sopraelevata che permette di ammirare le strade, le piazze, i tetti con gli inconfondibili camini: Dupleix, La Motte Picquet-Grenelle, Cambronne… Mi sembra quasi di sentire l’inconfondibile odore di gomma proveniente dagli pneumatici dei treni, caratteristici proprio di questa linea. Immagino poi di scendere dal metrò alla fermata di Abbesses, non con la linea 6 però, quella fa tutto un altro percorso, di risalire le ripide scalinate, girare intorno al Sacre Coeur, raggiungere la Place du Tertre, sedermi ad un tavolino di uno dei tanti café e stare lì ad oziare per tutto il pomeriggio, in perfetto stile flâneur.

L’anziano pittore si accorge della mia curiosità e mi sorride. Ricambio il sorriso e gli dico che i suoi disegni sono molto belli, soprattutto quello del castagno. Non è mia abitudine attaccare discorso sul treno, ma questo signore mi ispira simpatia. “Le piacciono davvero?” mi chiede, con soddisfazione, “Allora gliene faccio vedere altri se vuole, tanto abbiamo tempo…” Siamo infatti ancora fermi nel bel mezzo del nulla. “Volentieri”, rispondo, contenta di aver trovato un insolito diversivo per ingannare quest’odiosa attesa. Inaspettatamente richiude la cartellina, la appoggia sul sedile libero di fronte a lui e si prende dalla tasca un moderno smartphone nero fiammante con annessa mela mangiucchiata. “Vede, io non ci capisco molto con questi aggeggi tecnologici, ma mio nipote che è bravo con i computer, mi ha messo tutti i quadri qui dentro: qui sì che si vedono bene!”. Il resto del nostro viaggio lo passa a scegliere immagini da cartelle virtuali, cliccare, spostare, selezionare, trascinare, ruotare il minuscolo schermo da quattro pollici o poco più, zoomare sui particolari… Per fortuna dopo poco il treno riparte, con solo ventisette minuti di ritardo.

Che peccato, per un attimo avevo quasi immaginato di essere stata catapultata nei magici Anni Venti della Ville Lumière, come lo sceneggiatore e aspirante scrittore Gil in“Midnight in Paris”, ma sono solo le otto e venticinque, qui, a Ponte a Elsa.

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