Un fantasma lungo i binari…

Atmosfera grigia, stamani. Piove e il treno è in ritardo di undici minuti per il solito guasto sulla linea. Dal finestrino, riconosco un’immagine familiare, ne ho parlato qui proprio pochi giorni fa: il pendolare che da anni ormai aspetta il suo treno nella stazione di Poggibonsi. Per una volta sono seduta dalla parte giusta della carrozza e lo posso vedere bene. Osservo i colori cupi fuori dal finestrino: le case, l’anonimo parcheggio, la struttura di cemento armato del sottopassaggio, la gocce di pioggia sul vetro, la sagoma immobile, e per la testa iniziano a ronzarmi le parole del celeberrimo monologo di  Blade Runner: “…E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia...”

Decido di fermare questo istante scattando una foto. Ma il treno non è ancora fermo, c’è poca luce e nel gioco tra tempo di esposizione e apertura del diaframma della misera fotocamera del mio cellulare l’immagine viene inesorabilmente mossa. Ed ecco qua il risultato, abbastanza inquietante, no? 😉

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Piove

Siamo fermi in un punto imprecisato della campagna. Un temporale improvviso ha sorpreso tutti, anche il treno. Un fulmine ha pensato bene di andare a cadere proprio sulla linea, davanti a noi, danneggiandola. Il treno ripartirà tra circa quindici minuti, ci dicono dall’altoparlante. E io, invece di arrabbiarmi… mi sono dilettata a fare foto alle gocce di pioggia sul finestrino! 🙂

 

Dieci modi per perdere (e trovare, magari ritrovare) un ombrello

Una delle conseguenze del lavorare lontano da casa è che può capitare che le condizioni meteorologiche del posto dove abiti siano significativamente diverse da quelle dove lavori. Come stamani: appena uscita di casa diluviava, a destinazione il cielo era azzurro e la temperatura mite. Tra i vari disagi che una simile variabilità di condizioni comporta, c’è l’elevata probabilità di perdere l’ombrello. Ci sono varie occasioni per dimenticare l’ombrello, ne ho individuate almeno dieci, eccole qua:

 

  1. Ovviamente, sul treno. Salita affannosamente sulla carrozza, dispongo l’ombrello fradicio su quella specie di gradino sotto il finestrino. Mi metto a leggere o lavorare, sono così concentrata che mi accorgo all’ultimo di essere arrivata, rimetto il libro o il computer in borsa, indosso velocemente il giubbotto e scendo. Un attimo, ho dimenticato l’ombrello… Ma le porte si sono già richiuse e il treno sta ripartendo…
  2. Al bagno della stazione. Cerco di evitarlo quando possibile, ma certe volte non se ne può fare a meno. In questi casi cerco di limitare al massimo il contatto del mio corpo e delle mie cose con qualsiasi superficie estranea. Con una serie di manovre e contorsioni riesco a fare quello che devo fare… ed esco, dimenticando nell’angolino l’ombrello.
  3. Al bar. E’ un classico. Per evitare che il pavimento diventi una palude, il barista ha sistemato all’ingresso un bel portaombrelli. Ne approfitto per lasciarci il mio. Prendo il mio quotidiano cappuccino, intanto smette di piovere e spunta uno spicchio di cielo azzurro tra le nuvole. Rigenerata dalla caffeina e rincuorata dai raggi del sole, esco e me ne vado al lavoro… senza il mio ombrello.
  4. All’edicola. Chiedo il quotidiano, prendo dalla borsa il portafoglio, per farlo ho bisogno di due mani, per cui appoggio alla parte bassa del bancone l’ombrello. Prendo il mio quotidiano, pago, sistemo il portafoglio, chiudo la borsa ed esco… E l’ombrello?
  5. In ufficio. Ok, in questo caso non è che lo perdo, domani lo ritroverò nello stesso posto, il problema è che, se stasera quando torno piove, quando arrivo a casa non importa che faccia la doccia.
  6. Nella pizzeria a taglio dove sono andata a pranzo con i colleghi. Presi da una discussione di lavoro, abbiamo allungato la pausa pranzo, nel frattempo è smesso di piovere e quindi… addio ombrello!
  7. Sulla panchina lungo il binario, dove mi sono seduta a leggere in attesa del treno in ritardo. La lettura mi prende, sono molto concentrata e mi accorgo solo all’ultimo dell’arrivo del treno. Mi alzo velocemente, rimetto il libro a posto nella borsa e, ovviamente, dimentico l’ombrello.
  8. Nel sottopassaggio, mentre sto andando al binario giusto: mi arriva una telefonata, devo recuperare il cellulare dentro la borsa, appoggio un attimo l’ombrello alla parete e… rimane lì.
  9. Nella biglietteria o alla macchinetta. Ho la caratteristica di rimandare le cose che non mi piacciono più possibile. Pagare l’abbonamento mensile ovviamente fa parte delle cose che non mi piacciono, per cui per farlo aspetto sempre l’ultimo minuto della prima mattina del mese. Appoggio da una parte l’ombrello, prendo l’abbonamento, lo pago (ahimè) e me ne vado velocemente, perché il treno sta arrivando… Ma non dimentico niente?
  10. Sull’autobus. A volte quando piove a dirotto devo rinunciare alla passeggiata in centro e prendere questo scomodo mezzo di trasporto e tra la convalida del biglietto, la ricerca di una configurazione stabile, l’ombrello viene abbandonato da una parte…

 

Stamani sono partita da casa con un simpatico ombrello arancione, al ritorno non ce l’avevo più, secondo voi, dove l’avrò mai lasciato?

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Per cortesia!

Stamani piove e come sempre in questi casi il primo treno della mattina è in ritardo così che devo rinunciare al cappuccino al bar appena fuori dalla stazione, peccato, perché ne ho proprio bisogno, per affrontare meglio questo freddo e questa umidità.

Ho tuttavia un po’ di tempo per un caffè al volo nel bar dentro la stazione, che non mi piace tanto, ma stamani dovrò accontentarmi. Faccio diligentemente la breve coda per lo scontrino e mi avvicino al bancone. Per metà è occupato da tre signori in giacca, cravatta e ventiquattrore che hanno già consumato, ma stanno lì immobili a parlare di lavoro. L’altra metà è inaccessibile a causa di una coppia di corpulenti turisti con invadenti valigie a seguito. Non essendo molto alta di statura non ho modo di farmi notare dal barista per ordinare, ma vedo che i due turisti hanno quasi finito la loro colazione e se ne stanno per andare, per cui mi preparo ad occupare il loro spazio. Per evitare di essere investita dalle loro valigie, mi sposto leggermente di lato. Gravissimo errore, un signore elegante con un impermeabile chiaro arrivato un attimo fa, ne approfitta per superarmi, ostacolandomi con una leggera spallata.

“Ma che modi!” esclamo, ma lui non sente, essendo impegnato in un’animata telefonata.

Lo osservo: non ha certamente l’aspetto del pendolare, è troppo elegante e sofisticato, di sicuro è un cliente di qualche Freccia, probabilmente di classe business, e sta andando a qualche riunione in cui parlerà di budget con un sacco di zeri e proietterà una colorata presentazione Power Point ricca di grafici ad altre persone eleganti e sofisticate come lui.

Sempre parlando al telefono, mostra lo scontrino al barista e, mentre sta parlando il suo interlocutore, con un movimento labiale molto esplicito ma privo di suoni, per non interrompere la preesistente conversazione, con aria molto solenne, di chi sta discutendo di cose veramente importanti, chiede un caffè.

Nonostante tutto, riesco a guadagnare la mia porzione di bancone e ad ordinare. Arriva prima il caffè del signore e lui come un falco si avventa sulla zuccheriera posta tra noi due. Dolcifica abbondantemente il suo caffè e ripone la zuccheriera dalla parte opposta rispetto a me, ignorandomi completamente. Poco male, io tanto lo prendo amaro.

L’atteggiamento scortese e  arrogante del signore stimola il mio sistema nervoso più della caffeina, anzi, la calda bevanda, nonostante tutto, ha su di me un effetto calmante. Finisco prima di lui, nel frattempo dietro di noi sono arrivate altre persone e c’è un po’ di affollamento. Ne approfitto per restituirgli la spallata, fingendo di andare a sbattere con l’ombrello tutto bagnato contro il suo impermeabile immacolato. Chiedo velocemente scusa e mi avvio tranquilla verso il lavoro.

al bar

Non può piovere per sempre

I miei post, prima di essere pubblicati qui, nascono, generalmente proprio sul treno, in un quadernino rosso pieno di cancellature, scarabocchi, disegnini e ripensamenti, poi la sera dopocena vengono ripuliti e riscritti con Word e infine copiati e incollati qui. Per questo motivo tra il concepimento del post e la sua nascita vera e propria passano in genere un paio di giorni. Questa introduzione è per spiegare perché oggi, in una fredda e assolata mattina di fine autunno – inizio inverno, pubblico un post che parla di pioggia.

Quando li ho visti salire sul treno, stamani, ho capito che avevo sbagliato i miei calcoli. Avendo visto il cielo sereno con qualche innocua nuvoletta, mi ero messa le scarpe scamosciate e soprattutto, prima di partire, avevo steso il bucato fuori. Ma la presenza sul treno dei venditori di ombrelli è inequivocabile: oggi pioverà. La loro affidabilità è quasi perfetta, mi piacerebbe sapere quale sito o canale del meteo consultano.  Alla stazione spuntano da ogni angolo appena cadono le prime gocce, offrendo per pochi euro un riparo al viaggiatore sprovveduto che è partito da casa, magari di fretta, come me, confidando nella clemenza del tempo.

Tipicamente i prodotti offerti da questi venditori improvvisati sono tre: ombrellini ripiegabili, facilmente trasportabili in borsa, ombrelli classici più grandi e impermeabili di plastica. Più di una volta questi ragazzi mi hanno salvato da una doccia quasi certa. Diverse volte ho acquistato un ombrellino ripiegabile. Il modello è sempre lo stesso, disponibile in vari colori e fantasie. Di solito li compro tinta unita, l’ultimo era di un bel giallo brillante, scelto così per dare un tocco di colore a una giornata di per sé grigia. Il problema di questi ombrellini è l’affidabilità: praticamente sono usa e getta. Dopo un paio di utilizzi una delle stecche inizia mestamente a penzolare e l’ombrello assume una triste postura ripiegata. Il failure si verifica tipicamente nel momento di massima violenza della pioggia. Al minimo alito di vento si ribaltano lasciando il povero utente sotto lo scroscio di pioggia battente. Essendo piuttosto imbranata e scoordinata e viaggiando spesso con parecchie cose addosso e per la testa, in questi casi sono in particolare difficoltà. Giusto pochi minuti fa stavo camminando con passo svelto verso la stazione sotto la pioggia, riparata da uno di questi ombrellini. Una borsa su ognuna delle spalle: sulla destra quella con portafoglio, libro, chiavi, trucchi, ecc. sulla sinistra quella da lavoro con il computer, il quaderno per gli appunti, alcuni articoli da leggere, una tesi da correggere. Con una mano reggevo l’ombrello e con l’altra tenevo il cellulare all’orecchio, stavo discutendo con un collega un lavoro in scadenza. Alla prima inaspettata folata di vento, l’ombrello si è rigirato e due stecche si sono rotte. Come se non bastasse, la borsa del computer mi è scivolata dalla spalla, la tracolla si è incastrata con la sciarpa, che praticamente mi ha strozzato. Con qualche difficoltà sono riuscita  goffamente a recuperare la borsa e evitare di soffocare, ma il riparo dalla pioggia è uscito seriamente compromesso da questa piccola disavventura e sono arrivata alla stazione con il giubbotto per metà fradicio.

Il record negativo di durata l’ho battuto lo scorso inverno, una domenica pomeriggio. Dovevo andare in centro a Firenze, scesa dal treno mi sorprese un improvviso e abbondante acquazzone. Comprai un grazioso ombrellino azzurro all’uscita della stazione. All’angolo con via Nazionale (vale a dire approssimativamente dopo cinquanta metri dall’acquisto) il nuovo ombrello mi abbandonò cedendo alla violenza delle intemperie. Sarei dovuta tornare indietro e pretendere la sostituzione: insomma, va bene che avevo speso solo cinque euro, ma un minimo di garanzia ci dovrebbe essere, no? Ma era tardi per l’appuntamento dove mi dovevo recare e lasciai perdere.

Le rare volte in cui riesco a partire da casa organizzata prendo un ombrello più grande. Ma mi impiccia: in treno non so mai dove metterlo, specialmente se è fradicio. Allora lo nascondo nello spazio tra due coppie di seggiolini tra loro opposti. Lì non dà fastidio a nessuno, ma la probabilità di dimenticarlo è alta e diventa praticamente una certezza se nel frattempo, all’arrivo, smette di piovere.

Concludo con un ultimo aneddoto che ha per protagonisti la pioggia e gli ombrelli, ma anche le leggi del mercato, della relazione tra domanda e offerta: in una bancarella in centro, in un giorno di pioggia, ho letto un cartello con su scritto: “Qui ombrelli a 3 euro, quando piove a 5 euro”.

cello rain