I miei post, prima di essere pubblicati qui, nascono, generalmente proprio sul treno, in un quadernino rosso pieno di cancellature, scarabocchi, disegnini e ripensamenti, poi la sera dopocena vengono ripuliti e riscritti con Word e infine copiati e incollati qui. Per questo motivo tra il concepimento del post e la sua nascita vera e propria passano in genere un paio di giorni. Questa introduzione è per spiegare perché oggi, in una fredda e assolata mattina di fine autunno – inizio inverno, pubblico un post che parla di pioggia.
Quando li ho visti salire sul treno, stamani, ho capito che avevo sbagliato i miei calcoli. Avendo visto il cielo sereno con qualche innocua nuvoletta, mi ero messa le scarpe scamosciate e soprattutto, prima di partire, avevo steso il bucato fuori. Ma la presenza sul treno dei venditori di ombrelli è inequivocabile: oggi pioverà. La loro affidabilità è quasi perfetta, mi piacerebbe sapere quale sito o canale del meteo consultano. Alla stazione spuntano da ogni angolo appena cadono le prime gocce, offrendo per pochi euro un riparo al viaggiatore sprovveduto che è partito da casa, magari di fretta, come me, confidando nella clemenza del tempo.
Tipicamente i prodotti offerti da questi venditori improvvisati sono tre: ombrellini ripiegabili, facilmente trasportabili in borsa, ombrelli classici più grandi e impermeabili di plastica. Più di una volta questi ragazzi mi hanno salvato da una doccia quasi certa. Diverse volte ho acquistato un ombrellino ripiegabile. Il modello è sempre lo stesso, disponibile in vari colori e fantasie. Di solito li compro tinta unita, l’ultimo era di un bel giallo brillante, scelto così per dare un tocco di colore a una giornata di per sé grigia. Il problema di questi ombrellini è l’affidabilità: praticamente sono usa e getta. Dopo un paio di utilizzi una delle stecche inizia mestamente a penzolare e l’ombrello assume una triste postura ripiegata. Il failure si verifica tipicamente nel momento di massima violenza della pioggia. Al minimo alito di vento si ribaltano lasciando il povero utente sotto lo scroscio di pioggia battente. Essendo piuttosto imbranata e scoordinata e viaggiando spesso con parecchie cose addosso e per la testa, in questi casi sono in particolare difficoltà. Giusto pochi minuti fa stavo camminando con passo svelto verso la stazione sotto la pioggia, riparata da uno di questi ombrellini. Una borsa su ognuna delle spalle: sulla destra quella con portafoglio, libro, chiavi, trucchi, ecc. sulla sinistra quella da lavoro con il computer, il quaderno per gli appunti, alcuni articoli da leggere, una tesi da correggere. Con una mano reggevo l’ombrello e con l’altra tenevo il cellulare all’orecchio, stavo discutendo con un collega un lavoro in scadenza. Alla prima inaspettata folata di vento, l’ombrello si è rigirato e due stecche si sono rotte. Come se non bastasse, la borsa del computer mi è scivolata dalla spalla, la tracolla si è incastrata con la sciarpa, che praticamente mi ha strozzato. Con qualche difficoltà sono riuscita goffamente a recuperare la borsa e evitare di soffocare, ma il riparo dalla pioggia è uscito seriamente compromesso da questa piccola disavventura e sono arrivata alla stazione con il giubbotto per metà fradicio.
Il record negativo di durata l’ho battuto lo scorso inverno, una domenica pomeriggio. Dovevo andare in centro a Firenze, scesa dal treno mi sorprese un improvviso e abbondante acquazzone. Comprai un grazioso ombrellino azzurro all’uscita della stazione. All’angolo con via Nazionale (vale a dire approssimativamente dopo cinquanta metri dall’acquisto) il nuovo ombrello mi abbandonò cedendo alla violenza delle intemperie. Sarei dovuta tornare indietro e pretendere la sostituzione: insomma, va bene che avevo speso solo cinque euro, ma un minimo di garanzia ci dovrebbe essere, no? Ma era tardi per l’appuntamento dove mi dovevo recare e lasciai perdere.
Le rare volte in cui riesco a partire da casa organizzata prendo un ombrello più grande. Ma mi impiccia: in treno non so mai dove metterlo, specialmente se è fradicio. Allora lo nascondo nello spazio tra due coppie di seggiolini tra loro opposti. Lì non dà fastidio a nessuno, ma la probabilità di dimenticarlo è alta e diventa praticamente una certezza se nel frattempo, all’arrivo, smette di piovere.
Concludo con un ultimo aneddoto che ha per protagonisti la pioggia e gli ombrelli, ma anche le leggi del mercato, della relazione tra domanda e offerta: in una bancarella in centro, in un giorno di pioggia, ho letto un cartello con su scritto: “Qui ombrelli a 3 euro, quando piove a 5 euro”.
