Pendolare per gioco… e auguri!

Dopo lunga assenza, rieccomi con una sorpresa preparata apposta per voi, spero vi piaccia!

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È ormai  tempo di vacanze, tempo di pomeriggi passati in casa, magari davanti a un camino, magari in famiglia o con qualche amico. Pomeriggi in cui viene voglia di fare una partita a scala quaranta, o a burraco, o magari spolverare un vecchio gioco di società.

Oppure… giocare al giuoco del pendolare!

L’idea mi è venuta una mattina piovosa di qualche giorno fa, in cui dovevo prendere un treno alla stazione di Firenze Santa Maria Novella: a pochi minuti dalla partenza prevista hanno cambiato il binario, poi hanno comunicato un ritardo di quindici minuti… e alla fine invece il treno è partito con soli otto minuti di ritardo. Ecco, quella mattina mi sono sentita come la pedina di un gioco da tavolo in cui, a seconda della fortuna che hai con i dadi, puoi avanzare alla casella successiva, saltare un turno, tornare indietro o balzare fin quasi all’arrivo in un colpo solo.

Ed è allora che mi è venuto in mente il gioco che vi propongo in questo post.

Mi sono ispirata al “Gioco dell’Oca”, ho costruito un percorso di cento caselle su un ipotetico binario che si avvolge a spirale e poi si tuffa in un tunnel, per poi sbucare da tutta un’altra parte. E l’ho costellato di “caselle speciali”: alcune “amiche” che avvantaggiano il giocatore proiettandolo in avanti nel percorso, altre vere e proprie “trappole”, ispirate dalle storie quotidiane che come pendolare sono costretta a vivere e che leggendo i miei post ormai anche voi conoscete.

Qui i file jpg per costruire il    tabellone (cliccate sulle immagini per aprirle nel formato originale e salvarle o stamparle)

 

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Questo è invece il link al file pdf

giuoco

Come potete vedere, il tabellone è composto da quattro pagine che possono essere stampate in formato A4 e attaccate insieme come mostrato nella figura.

Il numero consigliato di giocatori va da due a sei, ma anche di più, se vi va. Ogni giocatore è contraddistinto da una pedina. La pedina può essere fatta da qualsiasi oggetto delle dimensioni di qualche centimetro che sia in grado di starsene nel posto in cui lo si mette: un mezzo guscio di noce (non una noce intera, mi raccomando, che rotola via e non è assolutamente in grado di tenere il segno), un pezzetto della buccia di un mandarino, un pezzetto del lego, una monetina, un Pocket Coffee (se resistete a non mangiarlo prima della fine della partita), la carta appallottolata del Pocket Coffee di cui sopra (se invece non resistete) ecc.. Insomma, penso non avrete difficoltà a reperire un piccolo oggetto che possa svolgere questa funzione.

Si parte dalla casella 1, partenza del vostro treno, per arrivare alla 100. Si gioca lanciando due dadi, a turno, e spostandosi in avanti di un numero di caselle corrispondente al risultato ottenuto.

Qui trovate il regolamento dettagliato.

Il Giuoco del Pendolare

Nel poco tempo a disposizione non ho potuto curare molto la grafica, che è abbastanza grossolana, un po’ scopiazzata da internet e da colorare (potete divertirvi a farlo voi!), ma il gioco è ancora in fase veramente prototipale… Se avrà successo ne farò una versione disegnata per bene! 🙂

Ok, vi ho spiegato grossomodo come funziona, non vi resta che scaricarlo, stamparlo e iniziare a giocare. Spero vi piaccia e che vi faccia passare qualche minuto in allegria!

Con l’occasione vi faccio tanti tanti tanti auguri di Buone Feste!

Monica (Pendolo0)

 

 

Desideri in viaggio

2013-12-30 10.05.58-2Alla stazione di Santa Maria Novella, a Firenze, quest’anno hanno preparato un grande albero di Natale, perfettamente conico, decorato con mille lucine. È proprio bello. Alla sua base, viaggiatori, pendolari, turisti, gente di passaggio, hanno appeso un bel po’ di letterine indirizzate a Babbo Natale.

Anch’io come Ilaria che ne ha parlato in questo suo post, ieri mattina, mi sono fermata un attimo a leggerle e, come tutti quelli che passavano di lì, a fare una foto con il cellulare. Beh, veramente, a causa della combinazione infelice di un ritardo e una coincidenza mancata, ci ho passato ben più di un attimo. È stato un po’ divertente, un po’ malinconico. Un mix di sensazioni che è tipico di questo periodo dell’anno.

C’erano lettere in italiano, spagnolo, tedesco, inglese, francese.

C’erano biglietti con caratteri a me sconosciuti: cinese, giapponese, arabo e chissà che altro.

C’erano calligrafie eleganti, con i riccioli a tutte le lettere, e c’erano segni incerti, come di chi da poco ha imparato a scrivere.

C’erano fogli finemente decorati con motivi natalizi, e messaggi velocemente scribacchiati sullo scontrino del caffè.

Chi chiedeva una macchina nuova, chi la Playstation.

Chi aveva nostalgia di Luana, chi voleva rimettersi con Nick.

Chi, come Mariah Carey, si accontentava: “All I want for Christmas, is you!”

Chi chiedeva una casa, chi un lavoro o, in alternativa, di vincere al Superenalotto.

Chi chiedeva treni in orario, più puliti, con il riscaldamento funzionante (in molti, per la verità).

Chi, con tanta buona volontà, ma poca dimestichezza con la grammatica italiana, augurava “Tanti auguri HA tutti”.

E alla fine, anch’io ho preso un foglietto, strappandolo dal mio quaderno, e ho scritto il mio piccolo grande desiderio. Anche se ormai Babbo Natale è già passato, spero che faccia un’eccezione e mi accontenti, nell’anno nuovo che sta per cominciare.

E tanti auguri a tutti voi, che sia un 2014 ricco di tante belle cose, che tutti i vostri piccoli grandi desideri si avverino!

Coraggio Pendolo, è quasi Natale!

Era proprio contento quel mercoledì,  alla stazione, il nostro Pendolo. Era una fredda mattina di metà dicembre, il cielo terso, di un giallo leggero lungo l’orizzonte, verso est, poi via via arancio, e poi rosa, fino a un tenue celestino. Le scie degli aerei vi disegnavano un motivo astratto fatto  di candide linee rette. Sulle rotaie, sulle sterpaglie intorno ai binari, nei prati, nei campi, nella notte si era formato un sottile strato di brina che smorzava e ingentiliva il paesaggio. Sembrava di essere in un quadro dipinto con gli acquerelli, in cui Pendolo e gli altri viaggiatori  erano delle macchie scure che stonavano un po’.

Era contento, Pendolo, perché quella mattina aveva deciso di entrare un’ora e mezzo dopo al lavoro. Era partito da casa alla stessa ora del solito, voleva approfittare di quel poco di tempo in più per fare con calma gli acquisti natalizi,  almeno una parte. Non è che amasse troppo girovagare per negozi alla ricerca di regali, specialmente in questo periodo, con la confusione e la frenesia dell’acquisto dell’ultimo minuto, non aveva neppure troppa fantasia nella scelta.  Ma ancora di più non sopportava ridursi all’ultimo minuto, come tutti i pendolari disorganizzati – mica come lui eh! – intasati nell’ingorgo di qualche grande magazzino o outlet nel fine settimana prima del venticinque.

E poi, saranno state le melodie natalizie che si sentivano ovunque, saranno stati gli sbrilluccichii degli addobbi e delle vetrine, sarà stata la prospettiva di arrivare al lavoro con calma,  insomma, Pendolo si sentiva di ottimo umore.

In piedi, sulla banchina, si era fatto mentalmente un ricco e dettagliato programmino per l’ora e mezzo a sua disposizione. Avrebbe ovviamente iniziato con una colazione a base di cappuccino e sfoglia all’arancia nella più bella pasticceria del centro, quella che aveva addobbato la vetrina con un albero fatto di biscotti innevati di zucchero a velo. Poi avrebbe iniziato il giro dei negozi. Dunque, doveva pensare ai genitori, alla sorella, ai nipoti dispettosi, ai colleghi, agli amici del calcetto, alla vecchia zia…

A un tratto, del tutto inaspettato, un pensiero si intromise tra le visioni di nastri colorati e carte da regalo: “Ma quant’è che sono qui che aspetto?” Era un pensiero che non veniva dalla sua mente, ma dalle punte dei suoi piedi, ormai ghiacciate. Guardò l’orologio e si accorse che il suo treno doveva essere già partito da almeno dieci minuti. Proprio in quel momento si fece viva la voce dall’altoparlante, che annunciò, appunto,  venti minuti di ritardo. “Uffa! Proprio stamani!” Decise a malincuore di rinunciare alla colazione nella pasticceria, doveva anche affrettarsi nell’acquisto dei regali, per poter entrare al lavoro in orario.

Faceva un gran freddo, lungo il binario. Per riscaldarsi un po’ iniziò a camminare su e giù. Si fermò davanti ai tabelloni con gli orari dei treni, a volte quando doveva aspettare, si metteva a studiarli, così, giusto per passare il tempo. Ma quella mattina il vetro del tabellone era tutto ghiacciato e non si leggeva un bel niente. I piedi e la punta del naso erano ormai surgelati. Passarono lenti, lentissimi i minuti, nessuna traccia del treno. Dopo una buona mezzora l’altoparlante con un suono gracchiante si schiarì la voce e annunciò con una punta di sadismo che il regionale che Pendolo stava aspettando era stato cancellato.  Quello successivo sarebbe arrivato dopo pochi minuti, Pendolo si rassegnò, ancora, ad aspettare, anche se ormai il buonumore e lo spirito natalizio erano stati sostituiti da un ben più familiare brontolio incavolato.

Si sporgeva oltre la linea gialla scrutando l’orizzonte, ma ancora niente. Poi, ad un tratto, riecco la voce gracchiante dell’altoparlante,  l’uccellaccio del malaugurio, foriero di brutte notizie e rotture di scatole: “Il treno regionale 12345 viaggia con quindici minuti di ritardo”. Maledetto! Se avesse avuto una fionda, preso un sasso dalla massicciata, il più spigoloso,  lo avrebbe lanciato  con tutta la sua forza contro quell’odioso aggeggio. Addio programmi di shopping natalizio! All’arrivo lo aspettava la solita corsa contro il tempo per arrivare in ufficio in orario. E per comprare i regali avrebbe intasato, come tutti, qualche centro commerciale o qualche outlet nel fine settimana prima del venticinque.

Era ormai completamente ibernato quando finalmente arrivò sul binario due uno scoppiettante treno diesel, con due sole carrozze, per di più invase da un gruppo di ragazzini delle medie in gita. “Ma da quando in qua si fanno le gite a dicembre?” Durante il viaggio, che Pendolo trascorse nel vestibolo della seconda carrozza, appeso alla maniglia della toilette e compresso tra lo zaino di un turista danese e le poppe di una corpulenta viaggiatrice con alito fetido, il treno accumulò altri dieci minuti di ritardo.

Giunto a destinazione, scattò come un velocista fuori della stazione, non accorgendosi che, lungo il muro, dove c’era sempre ombra, le brinate dei giorni passati avevano formato un insidioso strato ghiacciato. Perse l’equilibrio e fece una mezza capriola all’indietro per aria, atterrando sui glutei, proprio perpendicolarmente all’osso sacro.