Non sopporto

Ispirata dalle prime pagine del libro di Paolo Sorrentino che sto leggendo (Hanno tutti ragione, Universale Economica Feltrinelli), stanca, stressata e desiderosa di ferie, voglio fare un elenco delle cose che non sopporto della mia vita da pendolare.

Quindi, oggi eccomi in versione Puffo Brontolone.

Non sopporto i treni affollati, dover smettere di leggere per estrarre dalla borsa l’abbonamento richiesto dal controllore, quelli che mettono i piedi sul seggiolino, quelli che gettano la plastica nel contenitore della carta e viceversa, dover cambiare treno perché quello su cui sono salita è rotto, l’aria condizionata che non funziona, l’aria condizionata che funziona troppo, arrivare alla stazione e dover scendere quando mi manca mezza pagina per finire il capitolo del libro che sto leggendo, i libri con i capitoli troppo lunghi, arrivare in ritardo e non avere il tempo di prendere il caffè al bar della stazione, la gente che urla quando parla al cellulare, le suonerie dei cellulari sparate a tutto volume, assistere alla scenetta tra controllore e passeggero senza biglietto e senza documenti, i bambini che piangono, le panchine tutte occupate quando vorrei sedermi, gli scioperi il venerdì, quelli che rubano il rame, i turisti che invadono con le valigie il corridoio, scendere e risalire le scale del sottopassaggio per cambiare binario, incontrare una vecchia conoscenza (di cui non sentivo proprio la mancanza) e rischiare di perdere il treno perché questa ha da raccontarti tutto-vita-morte-miracoli degli ultimi dieci anni in cui non ci siamo visti.

Non sopporto non avere nessuno che mi aspetta alla stazione, aver voglia di scrivere ma non sapere cosa, avere qualcosa da scrivere ma non avere tempo perché bisogna scendere, ascoltare i resoconti del weekend il lunedì mattina, che pare che tutti siano stati in località meravigliose e abbiano avuto esperienze fantastiche mentre io sono dovuta rimanere a casa per rimettermi in pari con i panni da stirare, arrivare trafelata di corsa sul binario proprio quando il treno sta iniziando a muoversi e le porte sono ormai tutte chiuse, il cambio del binario all’ultimo minuto, avere pochi minuti, a volte secondi, per cambiare da un treno in arrivo al binario 1A ad uno in partenza al binario 17, quelli che prendono il Frecciarossa in orario mentre io sto aspettando la mia caffettiera con le ruote in ritardo, prendere finalmente il Frecciarossa e scoprire che il posto indicato sul biglietto acquistato ieri sera on line coincide con quello di altre due persone, di cui un turista tedesco che non capisce e che pensa che io sia la solita italiana-pizza-mandolino che vuole fregarlo, comprare un ombrello a cinque euro dai venditori ambulanti perché improvvisamente è iniziato a piovere, che si romperà sicuramente appena uscita dalla stazione.

Non sopporto l’odore di umanità che si spande nella carrozza nel tardo pomeriggio quando l’aria condizionata è rotta, i cartelli gialli alle porte rotte, lo spread e il bund, le notizie catastrofiche riportate sui giornali gratuiti distribuiti alla stazione, le mamme che brontolano i bambini che piangono, il telefono che squilla mentre mi sto preparando per scendere, i finestrini bloccati, le porte aperte delle toilette, svegliarsi di soprassalto al suono della sveglia, addormentarsi alle nove di sera davanti alla televisione per la stanchezza accumulata durante il giorno, le pareti del sottopassaggio imbrattate dalle scritte, quelli che ogni  giorno mi si avvicinano per chiedermi qualche spicciolo benedicendo la mia famiglia e raccontandomi per l’ennesima volta tutte le loro sventure, non trovare l’abbonamento nella borsa perché l’ultima volta  il controllore me l’ha chiesto appena prima di scendere e per la fretta non l’ho rimesso nel solito posto.

Non sopporto il salasso al conto corrente che devo fare ogni inizio del mese per rinnovare l’abbonamento, il caldo torrido dell’estate se non sono in ferie, bruciarsi il palato con il caffè bollente, perché sono arrivata tardi stamani, ma non troppo tardi da doverci rinunciare, la nebbia che fa svolazzare i capelli stirati ieri dal parrucchiere, l’affollamento sull’autobus, il treno in ritardo quando ho un appuntamento importante al lavoro, il treno in ritardo la sera quando devo tornare a casa, il treno in ritardo, sempre.

Non sopporto i bivacchi nella stazione, quelli che chiedono di firmare per una petizione e poi chiedono un contributo per sostenere le loro iniziative, gli adolescenti che dicono le parolacce e bestemmiano in modo raccapricciante, la gita della scuola, l’uscita degli scout con i loro zaini megalitici, la gita dei pensionati, che attaccano discorso a chiunque gli capiti a tiro, quelli che dicono “si stava meglio quando si stava peggio”, quelli che dicono che i giovani di oggi non sono buoni a niente, le coppiette di adolescenti che stanno tutto il tempo del viaggio a baciarsi, le ragazzine che passano tutto il viaggio a discutere di smalti, i professori delle scuole superiori che si lamentano dell’inadeguatezza e della maleducazione dei loro studenti.

Non sopporto gli uomini d’affari impinguinati che passano il tempo del viaggio al telefono, discutendo le loro strategie vincenti, le signore che, andando a una visita medica, ritengono opportuno informare chiunque sul loro stato di salute e sull’originalità e gravità dei loro sintomi, gli aumenti del prezzo dell’abbonamento, dimenticarsi di convalidare il biglietto, i surgelati, quelli che salgono sul treno prima di far scendere le persone che sono arrivate, quelli che si piazzano proprio davanti alla porta ostacolando chi vuole scendere, la voce della macchinetta dei biglietti che esclama a tutto volume: “inserire la carta!!!”, non avere lo spazio libero accanto per posare la borsa, l’inizio della scuola, le toilette delle stazioni, la voce dell’altoparlante che mi informa che il treno che sto aspettando “oggi non sarà effettuato, ci scusiamo per il disagio”.