(Ferro)vie di fuga

2013-09-24 17.14.24-1

Mattinata di inizio autunno, sul primo treno della mattina. Ancora mezza addormentata, scribacchio con il computer. Intanto due signore sui sedili di fianco al mio:

Basta, uno di questi giorni prendo e vado ad Arezzo!

– Sai che ti dico? Ci vengo anch’io questa volta! Conosco un sacco di posti lì…

– Tanto, con cinque o sei euro, in treno ci si va!

Intanto, nei posti dietro di me, due adolescenti discutono di scuola:

Che orario c’hai te oggi a scuola?

– Matematica-Matematica-Lettere-Lettere-Latino…

– Che orario di merda!

– Tanto faccio forca, ho già fissato con un mio amico a Firenze!

… e io?  Confesso, il mio pensiero è stato “E se invece di cambiare treno alla prossima stazione, come ogni giorno, stamani  rimanessi su questo, che arriva fino al mare?” Però il senso del dovere e la forza dell’abitudine hanno prevalso e alla fine  ho resistito… Ma uno di questi giorni prendo e vado ad Arezzo!

La Belva

Salendo in treno raccolgo un simpatico scambio di battute tra due macchinisti. Il primo, che chiamerò A, ha appena finito la sua giornata lavorativa e deve dare le consegne al secondo, B, che sta per iniziare il turno.

 

B: – Allora, come va?

A: – Bene, bene, tutto tranquillo!

B: – E la Belva? Come va oggi la Belva? –

(marcando parecchio la B di Belva, come dire… la BBelva)

A (dando un’affettuosa pacca alla lamiera unta del locomotore): – La Belva sta bene, bene, cammina… piano, però cammina!

B (ostentando sicurezza): – Bene, ora ci penso io alla Belva!

 

Ecco, ora che so che il trenino diesel, fumoso e brontolone, in realtà è una Belva, il viaggio di ritorno di oggi assumerà tutto un altro fascino…

Ed eccola qua, la Belva 🙂

2013-03-15 08.28.54