Ho visto cose che voi pendolari…

E’ molto alto e piuttosto robusto e seduto occupa un bel po’ di più dello spazio che teoricamente gli avrebbe destinato il progettista della carrozza. Per fortuna gli altri due seggiolini sono liberi e, anche se sono un po’ compressa contro il finestrino, riesco comunque ad allungare le gambe.

Indossa un giubbotto pieno di tasche di tutte le dimensioni. In una ripone il kindle bianco con cui aveva probabilmente occupato l’attesa del treno nella stazione. Appena seduto, posiziona sul sedile accanto al suo un grosso zaino nero squadrato, lo apre e ne estrae un pc portatile piuttosto ingombrante. Lo accende e nella carrozza si diffonde l’inconfondibile musichina dell’avvio del sistema operativo. Nel frattempo l’uomo continua a cercare nello zaino, questa volta, come una sorta di Mary Poppins del nuovo millennio, tira fuori un paio di cuffie enormi, che per la forma mi ricordano quelle utilizzate dagli addetti nelle piste degli aeroporti, anche se in questo caso sono nere con elementi color metallo cromato. Le indossa, le collega al pc e inizia a scrivere con ritmo veloce ma regolare sulla tastiera. Ad un tratto, un sussulto, porta la mano su una delle tasche del giubbotto, la apre e questa volta salta fuori un oggetto che a una prima occhiata non riesco a classificare: potrebbe essere un grosso smartphone o un piccolo tablet. Sfiora con l’indice lo schermo lucido, digita un messaggio veloce e ripone il dispositivo nella solita tasca del giubbotto.

Il mio sguardo si sposta da questo insolito ma non troppo vicino agli altri compagni di viaggio di oggi. Due giovani studenti universitari stanno digitando freneticamente sulle tastiere dei rispettivi computer, identici. Una signora legge tranquilla un e-book su un piccolo kindle, un uomo elegante gioca a solitario con un tablet nero. Alcune ragazze guardano divertite le foto di una loro amica su Facebook con il cellulare, ridendo sguaiatamente. Solo in pochi leggono un libro vero, di quelli di carta, o un giornale, e anche se lo fanno si interrompono spesso per consultare il telefonino. Pare proprio che la plastica e il silicio abbiano sconfitto la cellulosa. C’è rumore, le persone parlano, ma sono poche quelle che lo fanno tra loro, i più parlano con il proprio telefonino, e alzano il volume della voce perché la propria conversazione non sia coperta dalle altre. Anche io contribuisco all’immagine con il mio computer acceso sulle ginocchia.

Ho un flash, mi sembra di essere in un film di fantascienza, o in uno dei racconti di Philip K. Dick, ambientati in ipotetici futuri, popolati di replicanti e macchine pensanti,  che piano piano sono alla fine arrivati.

Il treno passa su uno scambio e la carrozza traballa. Il flash si interrompe e la mia attenzione passa dalla tecnologia futuristica alla porta sgangherata che non sta chiusa, al finestrino imbrattato da qualche vandalo con scritte volgari, al cestino dei rifiuti al quale qualcuno ha strappato il coperchio e che adesso mostra orgoglioso il suo contenuto di involucri di snack, lattine vuote e fazzoletti di carta.

Con un po’ di delusione, ma anche sollievo, mi rendo conto allora che siamo sempre nel presente e ancora al futuro non ci siamo arrivati.

Il treno rallenta… e tutti i miei pensieri contorti si perdono nel tempo, come lacrime nella pioggia… è tempo di scendere.

Fusi orari

La sveglia stamani mi sorprende. “No, è già ora!” Quando la mia testa si solleva dal cuscino, Marco si è già alzato e si sta vestendo. Lui è sempre più reattivo di me la mattina, io sono come un motore diesel, mi ci vuole un po’ di tempo per partire. Mi esorta: “Forza!” Anche io alla fine mi alzo, vado in bagno e inizio a preparare la colazione. Quando arriviamo in cucina siamo ormai sufficientemente svegli, Marco mi racconta della serata passata con gli amici, io lo aggiorno con le notizie dalle vacanze di mio fratello e famiglia. Prendiamo il primo caffè della giornata, quello più buono, quello fondamentale per partire. Tutto come sempre insomma. Ad un certo punto, Marco si rende conto che stiamo sprecando un po’ troppo tempo in chiacchiere per la colazione e mi suggerisce di andare a finire di prepararmi, altrimenti finisce che facciamo tardi, io rischio di perdere il treno e lui trova traffico per la strada. Il suo tragitto in macchina è molto sensibile al traffico, partendo con cinque minuti di ritardo arriverebbe mezzora dopo il previsto al lavoro. “Mamma mia che buio stamani!” Fuori sta piovendo e poi le giornate si stanno accorciando a vista d’occhio. Marco prepara il sacchetto dell’immondizia e lo posa davanti alla porta. Io rifaccio il letto, preparo la borsa con il computer e prendo il cellulare. “Marco, come mai il mio cellulare segna le cinque e undici? Deve proprio avere dei problemi grossi! Anche ieri si è spento all’improvviso.“ Effettivamente sono un paio di giorni che mi dà dei problemi, ma ora è tardi, rimetterò a posto l’orario quando sarò sul treno. Torno in camera per prendere le ultime cose. Usciamo in fretta, chiudiamo la porta. “Che silenzio c’è stamani!” Marco accende la macchina, io butto il sacchetto dell’immondizia e lo raggiungo. Non c’è proprio nessuno per la strada. Arrivati alla stazione, non vediamo le facce di tutte le mattine, un sospetto inizia a farsi strada in entrambi… Ci guardiamo perplessi, le cifre sul display dell’orologio digitale sopra all’ingresso della stazione alla fine ci svelano l’arcano: sono le cinque e venticinque. Per sbaglio, ieri sera abbiamo selezionato sulla sveglia l’orario che avevamo impostato due settimane fa per prendere l’aereo. Insomma, siamo due ore in anticipo, siamo sul fuso orario del Bahrein e dell’Iran, di Cipro e della Bulgaria. Più semplicemente, siamo un po’ fusi e basta!

Pendolari Hi-Tech

Continua la fase acida del venerdì…

Se fossi uno zoologo e dovessi classificare i pendolari sul treno che vedo ogni mattina, identificherei subito due specie principali: i solitari e i sociali. I solitari sono quelli che evitano accuratamente il contatto con i loro simili: scelgono il posto in modo da massimizzare la distanza con altri passeggeri, appena seduti iniziano un’attività concentrandosi molto, per far vedere agli altri che sono indaffarati e che non vogliono essere disturbati. Le uniche forme di comunicazione tra questi esseri si verificano tipicamente in presenza di ritardi o disservizi, allora si coalizzano nel criticare e nel brontolare. I sociali invece si organizzano in piccoli gruppi, si aiutano a vicenda tenendosi il posto nelle situazioni affollate, si aspettano e si cercano. Gli appartenenti al gruppo non sono omogenei: non necessariamente fanno lo stesso lavoro, abitano in luoghi diversi (tutti però lungo la stessa linea ferroviaria) hanno età, hobby, interessi, orientamenti politici, non necessariamente coincidenti.  Sarebbe interessante indagare su come questi gruppi si formano, ma per ora non ho alcuna teoria in merito da proporre.

Io faccio parte della prima tipologia, il pendolare solitario. Non so bene spiegare perché, penso sia principalmente a causa del mio carattere: non mi piacciono tanto i luoghi affollati, rinuncerei a una festa per una passeggiata in montagna, preferisco le spiagge fuori mano ai villaggi turistici, leggere un libro invece che guardare un talk show in televisione. E poi mi piace occupare il tempo che trascorro in treno leggendo, scrivendo, e portando avanti un po’ il lavoro.

Il problema nasce quando un pendolare solitario è costretto a condividere lo spazio con un gruppo di pendolari sociali. A me talvolta capita, durante il viaggio di ritorno dal lavoro. Il gruppo in questione è costituito nominalmente da tre uomini e cinque donne. Dico nominalmente perché capita spesso che qualcuno sia in ferie, altri ammalati, altri ancora devono cambiare orario. Dalle loro rumorose conversazioni cui mi rendono mio malgrado partecipe quando siamo nella stessa carrozza, ho capito che due dei tre uomini si occupano di informatica.

Sono tutti i-phone i-pad i-pod i-qualsiasicosa muniti, quindi i temi di discussione affrontati dal gruppo durante il viaggio riguardano quasi sempre la tecnologia e le telecomunicazioni. Solitamente è una delle donne a iniziare, con una domanda ingenua del tipo:

Non riesco a sincronizzare gli mp3 dell’i-pod con l’aspirapolvere multimediale che mi hanno regalato per Natale”.

Oppure:

Una mia amica mi ha detto che c’è in rete un’App per telefonare e mandare sms gratis nei giorni di plenilunio”.

A questo punto prende la parola uno dei guru dell’informatica:

Ma l’aspirapolvere ha il connettore come se fosse antani o solo l’usb? Perché la supercazzola con il terapia tapioco non prematura senza la connessione antani!

La proponente rimane un attimo disorientata, allora prende la parola l’altro guru:

Ho letto che la connessione antani non è molto stabile però, sarebbe meglio una wi-fi con scappellamento a destra!

E così via… per tutto il viaggio, finché non raggiungiamo la stazione intermedia in cui alcuni di loro finalmente scendono.

Ieri pomeriggio mi hanno fatto quasi perdere la pazienza. Il treno era affollato da un nutrito gruppo di turisti per cui non potevo cambiare posto. Non mi ricordo chi del gruppo aveva comunicato la notizia che esiste un programmino in rete per fare le telefonate gratis, ovviamente solo con certi abbonamenti e in certe condizioni. Per l’appunto per gli abbonamenti che avevano cinque di loro, maledizione!

Allora: prima hanno scaricato il programmino, poi l’hanno installato, poi hanno iniziato freneticamente a provarlo chiamandosi a vicenda. Pur essendo a distanza di un metro o anche meno uno dall’altro, avevano tutti le suonerie a livello vicino ai massimi limiti di sopportazione. Non solo, pur avendo tutti il telefono in mano, invece di rispondere, lo lasciavano squillare allegramente guardando inebetiti il display. A un certo punto, una ha commentato:

Ah! Hai cambiato numero? Aspetta, che me lo segno…

Mentre il suo cellulare disperato continuava a squillare, ha con calma tirato fuori dalla borsa un blocco note e una matita e si è appuntata il numero. Alla faccia della multimedialità! Roba da pazzi!

Non ne potevo più, volevo spostarmi, ma quando la mia pazienza ha raggiunto il limite siamo arrivati a una delle stazioni intermedie, finalmente tre di loro sono scesi e il livello acustico del gruppo è tornato accettabile.