Sottotitolo: meglio un intercity oggi che un regionale veloce mai
Premetto che il racconto che segue non è frutto della mia fantasia, ma è realmente accaduto, proprio a me, oggi pomeriggio.
Oggi devo rientrare dal lavoro con un po’ di anticipo, mi aspetta l’annuale visita della caldaia a casa. Nel primo pomeriggio mi avvio verso la stazione, entro nella sala di aspetto, guardo il tabellone. Il regionale veloce delle quattordici e quarantatre è previsto al binario quattro, come sempre. Mi incammino verso il sottopassaggio, salgo le scale e percorro la banchina fino in fondo. Questo mi permette di salire sui vagoni di testa che solitamente sono più vuoti e all’arrivo sono più vicini all’uscita. Aspetto leggendo qualche pagina del mio libro. La vocina dall’altoparlante, annuncia che il treno viaggia con un ritardo di cinque minuti. Niente di grave, penso, cinque minuti sono fisiologici, mi preoccuperei se arrivasse in orario. Continuo a leggere. Mi interrompe di nuovo il “dlin dlon” dell’altoparlante che rettifica: il treno è in arrivo con dieci minuti di ritardo. E subito dopo annuncia, al binario tre, l’arrivo dell’intercity previsto alle quattordici e cinquantadue. A me andrebbe bene anche l’intercity, però per fare le cose per bene dovrei correre alla biglietteria e fare l’integrazione all’abbonamento. Inizio a fare i calcoli su chi arriverà prima, sapendo che ogni mia valutazione verrà inesorabilmente confutata dalla legge di Murphy.
Mentre penso e ripenso sul daffarsi parte il valzer dei ritardi: “il regionale veloce viaggia con un ritardo di quindici minuti contrariamente a quanto annunciato in precedenza”, “l’intercity viaggia con un ritardo di dieci minuti”. E ancora, regionale veloce, venti minuti. Intercity, quindici. Venticinque. Venti. Ad un tratto, la sorpresa: il regionale veloce è in arrivo al binario sei. Come un branco di bufali, tipo quelli del parco del Serengeti quando devono attraversare il fiume Mara (ho già usato in un altro post questa metafora, lo so, ma mi piace troppo, è tutta colpa di superquark!), gli aspiranti viaggiatori si buttano nel sottopassaggio per raggiungere il binario sei.
Siamo tutti in fila che ci sporgiamo sul binario per vedere se all’orizzonte appare questo treno fantasma, senza oltrepassare la linea gialla ovviamente, quando giunge un altro messaggio inquietante, l’intercity è in arrivo al binario tre. La tentazione di fare un altro scatto e di salirci abusivamente senza l’integrazione è forte. Però un mix di pigrizia, paura di dover fare una sceneggiata al controllore e fatica di cambiare nuovamente il binario mi fa desistere.
Aspetto con pazienza al binario sei. L’intercity arriva e riparte, quando lo vedo sparire nel punto di fuga della prospettiva dei binari, mi assale una certa inquietudine. E infatti, nonostante la lucina sul tabellone si ostini a lampeggiare per l’arrivo imminente, i minuti di ritardo diventano trenta, trentacinque.
Alla fine ecco il regionale veloce che si avvicina lentamente. Si ferma, vado alla porta della carrozza a me più prossima e, visto che sono la prima ad arrivarci, tento di aprirla. Ma non ci riesco. Ad un tratto, il treno riparte. Che sta succedendo? Riparte senza nemmeno aprire le porte? Le lamentele aumentano di volume. Ma per fortuna il treno percorre soltanto qualche metro e si riferma. Adesso il più vicino alla porta è un signore con una valigia, che riesce dove io avevo fallito.
Saliamo sul treno e ci sistemiamo. Aspettiamo che riparta. Aspettiamo. Aspettiamo ancora. Si sente gracchiare l’altoparlante, “il treno ha un guasto al locomotore ed è costretto a una sosta della durata al momento non quantificabile, il prossimo treno è in arrivo al binario quattro alle quindici e quarantatre”. Già, perché nel frattempo è passata un’ora dall’inizio di questa avventura. Quindi, di nuovo, la transumanza dei viaggiatori verso il binario quattro. Non mi sembra il caso di riportare qui i loro commenti, potrei urtare la sensibilità dei miei pochi lettori.
Rieccoci, ancora una volta, tutti in fila sul binario quattro. E rieccola, l’odiosa vocina dall’altoparlante: “il treno bla bla bla in arrivo al binario quattro viaggia con dieci minuti di ritardo”. Basta! Vi prego, ditemi che è un incubo, ditemi che siamo tutti su “Scherzi a parte” e facciamoci una risata sopra! Non ce la faccio più!
Ma non è ancora finita. Riecco la vocina stridula e beffarda “Il regionale veloce delle quattordici e quarantatre (quello con il locomotore guasto, per intenderci) è in partenza in ritardo al binario sei”.
E, ancora una volta, la massa informe dei viaggiatori si sposta al binario sei. Solita carrozza, solito posticino, aspettiamo la partenza. Aspettiamo… Aspettiamo ancora… E riecco la vocina: “Si avvisano i signori viaggiatori che questo treno è soppresso”. Ad alcuni viene la bava alla bocca. Ancora, ancora una volta, tutti al binario quattro.
Alla fine, con quindici minuti di ritardo, ecco che arriva piano piano il regionale delle quindici e quarantatre.
Arrivo a casa un’ora e mezzo dopo il previsto. L’appuntamento con il tecnico è saltato, ho perso un pomeriggio di lavoro e ne dovrò perdere un altro la prossima settimana. Che bella giornata!
direi che il paragone con i bufali é azzeccatissima vidto che dopo un’odissea come questa io ssrei inferocita come un bufalo. Tutta la mia solidarietá
Grazie per la solidarieta`! Nonostante sia una pendolare gia` da un po’ di tempo a queste rocambolesche disavventure non ci si fa mai l’abitudine 🙂 Buona giornata!
Finalmente è comparso il tuo Gravatar. Sai che da ragazzina mi chiamavano Heidi, a causa di due guanciotte rosse di cui tanto mi vergognavo…
Era l’ora che mettessi una faccia un po’ piu` bellina ai miei commenti! Ho scelto Heidi perche` anche io avevo le guance rosse e abitavo in montagna (ma non avevo caprette che mi facevano ciao! 😀 )
La mia vita, oramai dieci anni fa!!!
Felice di averti scovata 🙂
Grazia
Felice di essere stata scovata! Grazie mille e complimenti per il tuo blog!
Monica