L’omino dorato

La stazione è distante dal mio ufficio l’equivalente di una passeggiata di una ventina di minuti attraverso il centro della città. Il mio tragitto ovviamente si interseca con quello di numerose altre persone, c’è chi va al lavoro, chi a scuola o all’università, a fare la spesa, alla posta a pagare le bollette, chi ha fissato in un bar per un caffè con un amico, e poi tanti turisti, con gli zaini, i sandali, le videocamere digitali, la guida con la bandierina che cerca di radunarli.

Raramente mi soffermo a osservare quello che mi circonda, scesa dal treno innesco una sorta di pilota automatico e, mentre il mio corpo percorre le vie della città, la mente va per i fatti suoi. Come i muli sulle montagne, percorrendo la stessa strada ogni giorno, per anni, scavano nella roccia i loro percorsi, anche io seguo giornalmente un ideale solco lungo la via, senza molte distrazioni. Come un treno lungo un immaginario binario.

Ad un certo punto la strada che percorro, stretta tra rossi palazzi medievali in mattoni, si apre in una piccola piazza. Qui lavorava l’omino dorato: un mimo abbigliato e truccato come un signore dei primi del Novecento con una grossa macchina da presa con tanto di soffietto e manovella. Segno particolare, il colore: una bella tonalità dorata e brillante.

La mattina solitamente lo incontravo mentre si stava preparando: raccoglieva i lunghi capelli castani in una coda, che nascondeva dentro un cappello a cilindro. Poi la camicia, i pantaloni e le scarpe poi il trucco in faccia: uno spesso strato di cerone monocromatico, un paio di occhialini tondi e la giacca. Saliva infine su un piccolo podio con la sua finta macchina da presa. Tutto, rigorosamente color oro.

Il pomeriggio, quando tornavo dal lavoro, lui era ancora lì, che cercava con la sua immobilità di guadagnarsi l’attenzione di passanti distratti. Spesso, a dire il vero, ci riusciva, quasi tutti si fermavano un attimo a osservare questa inaspettata presenza. Soprattutto i bambini tiravano per il braccio i genitori per fermarli a guardare l’omino dorato.

Piano piano, mi ero abituata a questa presenza. Passando, il pomeriggio, lo salutavo con un sorriso. Lui ovviamente non ricambiava, rimaneva fisso nella sua posizione, al massimo sbatteva le palpebre. Talvolta facevo una sosta per lasciargli qualche spicciolo e vedere, per pochi secondi, un suo movimento. Se avessi potuto fotografarlo, avrei scelto un tempo di apertura del diaframma lungo, in modo che i passanti si sarebbero trasformati in scie indefinite, fantasmi, mentre l’unica sagoma nitida sarebbe stata la sua.

Ma adesso non è più possibile fotografarlo. Perché l’omino dorato non c’è più. Se n’è andato, come se ne vanno tutte le cose di questo mondo, anche quelle che sembrano immobili e insensibili al tempo. Una mattina, lo scorso autunno, non l’ho visto e lo stesso è successo nei giorni successivi. Ho pensato che forse si era spostato in un’altra via, o magari aveva proprio cambiato città. Chissà, forse si era stufato di vedere sempre la stessa piazza, lo stesso palazzo, la stessa gente. Poi dopo un po’ di tempo, durante la pausa pranzo al bar, mi è capitato di leggere sulla cronaca locale di un giornale, che l’omino dorato se n’era andato davvero, per sempre. L’articolo descriveva la vicenda come una storia triste di solitudine e disperazione, l’ultima cosa che mi sarei aspettata da lui, che ogni giorno cercava, con il suo trucco, con la sua immobilità, di strappare un sorriso, o almeno un pensiero leggero a chiunque gli passasse vicino.
Il suo posto non è stato preso da nessuno, qualche volta lì vicino si ferma una ragazza rom con un organino, suona canzoni tristi che sanno di oriente, di viaggi, di montagne, di addii.

Non ho mai scambiato una sola parola con l’omino dorato, non so che voce avesse, se aveva un’inflessione dialettale, un accento straniero, niente. Solo quando non c’è più ho saputo che si chiamava Michel, veniva dalla Polonia e aveva quarantatre anni. Mi ha comunque regalato, nel grigio della quotidianità, alcuni frammenti di distrazione e serenità, come quando, mentre piove, si vede verso est un pezzetto di arcobaleno. E per questo lo ringrazio.

2 thoughts on “L’omino dorato

  1. Un omaggio davvero commovente. Forse non sei la sola ad esserti accorta della sua mancanza, forse quest’uomo ha allietato alcuni secondi o minuti di vita di molta gente, forse non era poi così solo… mi piace pensarlo

    • Dopo la sua scomparsa in molti si sono fermati nel punto dove di solito si esibiva per lasciare un fiore o un pensiero. Gli hanno dedicato anche un video molto bello, dove parla di sé, della sua storia.

      Forse, davvero, non era così solo…

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