Anche stamani salgo in treno come uno zombie e appena seduta mi immergo nella lettura, in stato semi cosciente, rispondendo solo a pochi stimoli, in modo meccanico, come mostrare il biglietto al controllore e spostare la borsa quando sale la signora nella stazione successiva, poco più. Oggi però c’è qualcosa di diverso, arrivati nella stazione, c’è uno strano brusio, con volume più alto del solito. Un terribile presentimento prende corpo e mi riporta con violenza alla realtà. Vedo arrivare verso la mia carrozza un’orda scomposta e rumorosa di adolescenti (immagino sia una terza liceo), tenuta a freno da due insegnanti che tentano invano di farsi sentire. “Noooo”, penso tra me e me “…la gita!”.
Ebbene, sono solo tre anni che “pendolo” per andare al lavoro, ma la gita è uno dei momenti che meno sopporto nel mio viaggio quotidiano. Se ripenso a quanto l’aspettavo quando andavo a scuola, che bei momenti, quante risate! Invece adesso un profondo senso di fastidio mi pervade quando quaranta ragazzotti invadono la carrozza, riempiendo ogni spazio libero con i loro zaini e l’aria con il loro starnazzare. Perché non hanno sonno, loro, no, sono super svegli, eccitati all’idea di passare una giornata a zonzo senza rimorsi e senza interrogazioni. Li sento, stanno già pianificando come svincolarsi dalla prof di storia che vorrebbe portarli a visitare un museo e passare tutta la giornata per i fatti propri.
Le due insegnanti iniziano a spiegare ai ragazzi i dettagli dell’itinerario della giornata, gli orari per i ritrovi e per la ripartenza, la storia della città, le opere più importanti del museo. Le ascolto (è difficile non farlo, visto il livello di emissione acustica) e penso: “Interessante, questa cosa non la sapevo!”. Mi rendo conto però che probabilmente sono l’unica che sta prestando attenzione alla storia. Le ragazze ad esempio stanno già programmando di andare a quel negozio di Desigual in centro aperto da poco che fa delle promozioni esagerate (anche questa cosa non la conoscevo… interessante!).
Arriviamo a destinazione e il gruppo si allontana, rumoroso e disordinato, mentre io mi incammino verso l’ufficio.
Al ritorno, li rivedo da lontano sul binario, noto che le ragazze hanno effettivamente delle borse di Desigual, quindi ce l’hanno fatta! Però guardando bene, mi accorgo che anche le prof hanno delle borse uguali. Chissà forse nel corso della giornata hanno trovato un compromesso tra il museo e lo shopping! Aspetto che salgano in treno e scelgo accuratamente una carrozza più distante possibile dalla loro.
Come ti capisco. Nemmeno io sopporto quello schiamazzare e anche io cerco i vagoni più distanti. Ma poi mi assale un dubbio atroce, che è più certezza a dire il vero: sarò mica invecchiata? allora tento di mescolarmi, di mimetizzarmi, finchè uno dei gitanti mi si rivolge: “E’ libero il posto, signora?”…